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La “presa” dell’ecomostro.

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Era di domenica mattina. Partimmo, per un sopralluogo preliminare, io e  il fido Tripodi, con la Hunday a gas, metallizzata. Dopo aver compiuto la traversata delle Serre vibonesi iniziammo, tra gli abeti e i boschi di leccio,  la discesa verso i lidi jonici.

Sulla statale 106 ci accolse il cielo plumbeo di marzo, che ci accompagnò fino al luogo fatale.

Prima di arrivare  a Riace marina……, eccolo.

Si staglia a pochi metri dalla strada in tutta la sua orribile bruttezza. E’ l’ecomostro di Stignano o Riace (l’incertezza è dovuta al fatto che sorge sul confine tra i due comuni) .

Un immenso ripugnante groviglio di calcestruzzo, che incombe minaccioso sulle meravigliose dune di sabbia, lambite dalle onde del mare. 

Dopo  aver scattato qualche fotografia ritornammo alla base. La domenica successiva saremmo tornati in forze.

Domenica 20 marzo 2011

Il sole batte forte sul mare celeste, tutt’intorno fiorisce la primavera.

Gli attivisti del WWF Calabria (coadiuvati dai soci della sez. Bivongi-Monasterace), senz’indugio dispiegano  gli striscioni e fissano le bandiere.

Inerpicatisi sul tetto, prendono pericolosamente possesso di un luogo simbolo, di una ferita, di un torto alla bellezza.

L’ecomostro di Stignano è uno dei tanti prodotti della furia cementificatrice dei calabresi “moderni”, che quasi ovunque, nella regione,  hanno dato sfogo alla loro indomabile pulsione verso il brutto, a discapito  del bellissimo e leggendario paesaggio e del ricco e peculiare ambiente costiero.

Le “marine” che sullo Jonio come sul Tirreno hanno soppiantato gli antichi abitati dei pescatori altro non sono che la sublimazione del genio dei geometri, che dagli anni ’60 ad oggi,  hanno costruito l’impossibile, in barba  alla legge Galasso prima e al  codice del paesaggio poi.

Hanno edificato, deturpando spiagge e scogliere, a volte in modo del tutto abusivo, a volte  “ottenendo”, persino, l’autorizzazione paesaggistica, da quegli organi della pubblica amministrazione ( i comuni ), che sudelega delle regioni sono stati chiamati a “decidere” (SIC!) della “compatibilità” paesaggistica di innumerevoli mostri edilizi, realizzati in tutti quei territori costieri, compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia,  tutelati per legge.

La connivenza dei pubblici amministratori con gli speculatori edilizi e i c.d. imprenditori turistici hanno portato in certe zone della Calabria ad un irreversibile trasformazione del litorale con la scomparsa e la grave compromissione di vere e proprie meraviglie della natura.

A Riace marina gli attivisti del WWF Calabria hanno voluto con l’occupazione dell’ecomostro riaffermare la centralità dell’ambiente naturale e del paesaggio a fronte di qualsiasi forma di sviluppo non rispettoso degli ecosistemi.   

L’occupazione si è protratta per l’intera giornata, fino a che le tenebre non hanno avvolto l’orrenda creatura di ferro e cemento, lasciando la scena  al fruscio del mare e  al canto degli uccelli notturni.